L’ultima escursione è sempre la più bella ma non credo di esagerare se dico che quella di oggi, da queste parti, è tra le più entusiasmanti che
si possano fare avendo una giornata a disposizione; siamo sulle montagne del Velino, è un gruppo dove è possibile pensare un numero infinito di
concatenamenti e anelli, dove le creste o le valli permettono passaggi di versante, dove una volta in quota i panorami si allungano su mezzo Appennino.
La prima parte del percorso prevede un avvicinamento ed una salita fuori sentiero per tracce ed il più delle volte sarà all’insegna della decisione
del momento, parcheggiamo l’auto un chilometro prima della vecchia miniera di bauxite quasi all’imbocco della valle del Puzzillo, arrivati a Campo
Felice si gira a destra dopo la rotatoria, mezzo chilometro dopo la casetta del caseificio di Lucoli e prima del rifugio Alantino si stacca sulla
sinistra una sterrata molto evidente, si può percorrere con la macchina, in qualche tratto è sconnessa ma con cautela si riesce a percorrerla tutta
fino alla miniera nelle cui vicinanze c’è anche un ampio spiazzo utilizzabile come parcheggio. Non siamo arrivati alla miniera, ci siamo fermati
un chilometro prima circa, proprio in coincidenza dell’inizio dell’evidente dorsale boscosa che si stacca sulla sinistra. Sarebbe possibile anche
attaccare la salita in prossimità del parcheggio della miniera ma c’è da mettere in preventivo una piccola pettata.
La dorsale sale con sconcertante e piacevole lentezza, qualche traccia palese segno che comunque anche in assenza di sentiero è molto frequentata
e si snoda tra la boscaglia rada e frequenti slarghi erbosi; salendo il bosco diventa faggeta importante, si alza la pendenza ma la conformità del
sottobosco permette sempre di attenuare le linee di salita tanto che si rimane sempre dentro un regime di piacevole passeggiata, ci si tiene presso
che sul bordo destro della dorsale con affacci frequenti sul Puzzillo e sulla sua piana fino al Costone, solo quando ci si avvicina alla Cimata di
Pezza conviene spostarsi sulla sinistra dove il bosco è più alto e rimane rado, continuando sul ciglio della dorsale si rischia di infrattarsi in maniera clamorosa.
La faggeta termina poco più di cento metri sotto la linea della Cimata di Pezza, è il tratto di maggiore pendenza ma dura poco e subito si dimentica
quando si esce in cresta e si spalancano davanti quasi tutte le montagne del Velino; usciamo in cresta a quota 2073m. (+2,15 ore) e il giro in quota
di oggi l’abbiamo tutto davanti, immagine suggestiva di un comprensorio davvero bello.
Un mare di fioriture ci accompagna lungo la dorsale che aggira la testa della piana di Pezza, si salgono e scendono le svariate cime che compongono
la Cimata, l’ambiente è entusiasmante, le piane intorno, quella di Campo Felice, quella di Pezza e quella del Puzzillo, ghiaioni ovunque, creste
che non finiscono mail, quella del Colle delle Trincere li sotto che sale a Punta Trento, davvero superba; le più alte montagne, dalla piramide
del Velino che svetta su tutte al muro del Costone austero e imponente, panorami davvero unici stupendi. Incontriamo un’altra coppia nella nostra
stessa direzione, nelle chiacchiere di rito ci dicono che per loro era la prima volta e che non si aspettavano tanta bellezza, gli volevo rispondere
che non era un caso se non conto più le volte che ci siamo saliti e quante volte per un verso e per l’altro abbiamo percorso questa cresta, ma mi
sono trattenuto pensando di far passare il mio entusiasmo per spavalderia.
Superato il tratto più interessante della dorsale, la Cimata del Puzzillo, molto sottile e dai roccioni scomposti e ammassati siamo in vista del
rifugio Sebastiani, discesa al colletto di Pezza e risalita al rifugio dove ci attende una folla discretamente chiassosa e quindi inopportuna (+1,30 ore).
Il rifugio è ancora chiuso in ristrutturazione, il cantiere aperto e tutto intorno è un cumulo di materiale da costruzione; per quello che si può
vedere la conclusione dei lavori non dovrebbe tardare e di certo ciò che è stato ottenuto è un allargamento considerevole degli spazi interni, c’era
bisogno perché la posizione del Sebastiani sul Velino è una delle più belle e visitate degli Appennini ed il rifugio era rimasto un po' indietro coi servizi che era in grado di fornire.
Sostiamo poco, preferiamo toglierci presto dalla confusione, prendiamo il sentiero che parte in fronte al rifugio, quello classico per il Velino o
Punta Trento per intenderci, subito dopo la sella che apre gli orizzonti su valle Cerchiata e sul colle delle Trincere deviamo sulla destra, a terra
una grossa pietra indica la salita diretta al Costone, sufficientemente ripida da essere presa con passo lento; molto panoramica e mai esposta corre
sulla pagina del Costone che da sul rifugio, traversi e svolte la rendono agevole e alla fine, superato un tratto di sentiero ghiaioso tipico di queste
montagne e una lingua di neve ancora dura sbuchiamo nei pressi della croce (+40 min.).
Il panorama da questa vetta è incredibile, sconfinato e suggestivo, finirei domani ad elencare tutto ciò che si può distinguere, tra tutti spicca il
profilo delle montagne centrali di questo gruppo, tutte quelle intorno al Velino stesso per intenderci, davvero massiccio, la val di Teve, imponente
squarcio che si apre tra il Rozza e il Murolungo che si infila quasi per intero e poi la parete del Costone Nord il soggetto costante e catalizzante di tutta la giornata.
Sostiamo molto in vetta, approfittiamo del fatto che siamo in pochi e che in silenzio ci possiamo gustare orizzonti stupendi e quasi senza fine; la
linea del rientro la possiamo leggere tutta da quassù, di strada ce ne è da fare e ci muoviamo, siamo circa a metà del nostro anello e anche se
ormai ci sarà solo da scendere dobbiamo muoverci; il sentiero che traversa Vena Stellante è forse il tratto più bello della giornata, diversi gli
scorci sul paretone del Costone davvero incredibilmente potenti nella loro verticalità e unici quelli sulla val di Teve e sul pianoro del lago della
Duchessa che forniscono una vista diversa e insolita dell’intero complesso e dell’altopiano del lago; non raggiungiamo la sella delle Solagne per
virare sulla via del ritorno, come la dorsale del Costone si abbassa, in una pietraia affollata di profumatissimi Alissi una flebile traccia traversa
agevolmente il versante e ci porta sul bordo della piana del Puzzillo dove altri scorci del Costone e ora più ravvicinati e bassi si aprono con una
forza ancora più dirompente dei precedenti. Bello, bellissimo il complesso del Costone con la desertica fossa del Puzzillo che sprofonda ai piedi
dell’imponente parete; contrasti forti, linee potenti dove lo sguardo vaga senza fermarsi un secondo.
Fa male allontanarsi da questi ambienti, sul filo della dorsale che sprofonda verso la piana continuiamo la discesa fino ad intercettare l’imbocco
del sentiero che ci scende dentro, poco prima del Morretano (+ 1,40 ore dalla vetta del Costone), un omino e sulla piccola forchetta una traccia molto
chiara prende a scendere all’interno dei piani del Puzzillo e agevolmente raggiunge il sentiero, l’ampia disconnessa e scavata carrareccia che ci scorre nel mezzo.
Ormai si tratta solo di camminare, infossati dentro la valle perdiamo il contributo del vento che fino a pochi minuti prima non ci ha fatto soffrire
il sole a picco; il percorso di oggi ce lo abbiamo tutto intorno, passa sul filo delle creste che contengono la valle ed è bello pensare che le
abbiamo cavalcate tutte; per fortuna quando raggiungiamo la bocca della piana inizia una faggeta, che per quanto rada e ai lati della strada offre
riparo dal sole; ora cominciamo a sentire la lunghezza del percorso, ci interessa solo chiuderlo e anche la miniera che ci sembrava li sull’imbocco
non arriva mai. Quando la raggiungiamo si dirada, allarga e termina la faggeta, riprende a picchiare il sole ma ormai ci siamo, meno di un chilometro
ci divide dall’auto che non tarda ad apparire anche se ancora lontana. Siamo rimasti solo noi (+1,40 ore), le auto che avevamo intorno non ci sono più,
altre e poche erano ferme al parcheggio della miniera e mentre lentamente riponiamo zaini e ci ridiamo una sistemata, escursionisti ci sfilano a fianco;
non so se avessero parcheggiato alla piana di Campo Felice, non so se fossero partiti direttamente da rifugio, fatto sta che nonostante non abbiamo
infranto nessun divieto ci siamo sentiti un po' usurpatori della quiete di questo posto così isolato. 15 i chilometri di oggi, poco più di 1200 i metri
di dislivello, quello che più conta è che si è trattato di un percorso vario e molto panoramico e come sempre capita quando chiudi l’escursione appena
vissuta, ci è sembrata (mentivamo sapendo di mentire tante ne abbiamo fatte di entusiasmanti) una delle più belle che abbiamo vissuto sul Velino.